Sembra passato un secolo da quando mio figlio (che per il web ho taaanto immodestamente ribattezzato “il principe”) non voleva saperne di dormire.
Ricordo chiaramente serate passate sul divano chiedendomi: ora che dorme, e che per un paio d’ore abbondanti ancora dormirà, mi godo la serata con mio marito, guardo un film senza interruzioni, mi faccio una maschera oppure… corro a dormire, visto che tra poco ricomincia la tortura?
Il principe si svegliava anche 6 volte per notte. Un inferno piuttosto simile alla scena di “Sorvegliato Speciale” nella quale Sylvester Stallone viene continuamente disturbato in qualsiasi attività dalla voce che gli chiede “nome e numero!” (se volete rendervi conto... cliccate qui).
Non so come siamo riusciti a resistere.
Vocine suadenti ci suggerirono il Nopron, che a dire il vero alla soglia dei due anni provammo, sia pur riluttanti e scettici (ce l’aveva prescritto la pediatra, vedendo che non c’era verso che questo bimbo imparasse a dormire una notte filata e che noi genitori eravamo allo stremo); funzionò: anziché 6 volte per notte, il principe si faceva sentire al massimo 3 volte.
Ci venne però uno scrupolo e dopo i primi 10 giorni di “cura” interrompemmo la somministrazione, e tutto tornò come prima.
Dopo una settimana, tornammo al Nopron pieni di speranza: il risultato fu disastroso.
I risvegli erano di nuovo almeno 5 per notte, e la mattina dopo era più insonnolito e, diciamolo pure, più rimbambito che mai. Capimmo quindi che quella non sarebbe stata la strada giusta: lui non era più il solito bimbo allegro e sveglio durante il giorno, e la notte non dormiva lo stesso.
Ingranammo una bella retromarcia e decidemmo che avremmo resistito senza Nopron.
Tempo prima una cara amica mi aveva consigliato un libro nemmeno tanto voluminoso: “Il linguaggio segreto dei neonati”, di Tracy Hogg. Devo essere sincera: lo avevo letto ed avevo pensato: “troppo tardi, avrei dovuto applicare queste dinamiche alla sua nascita, o comunque quand’era più piccolo”, accantonandolo così sulla libreria.
Questa storia del sonno però, stava diventando IL problema da risolvere, così mi trovai a cercare il volumetto tra i libri e ad immergermi nel capitolo “Sleep”.
Scoprii che come per tutto il resto, i fondamentali sono: stabilite una routine e soprattutto, MANTENETELA.
Complice l’estate, nuove abitudini, nuovi scenari e soprattutto una maggiore rilassatezza di genitori e nonni grazie alle vacanze, è stato più facile arrivare ad avere un bambino più sereno, gratificato, rassicurato…
È stato semplice: con l’assertività di una mamma stravolta ho insegnato a tutti coloro che avrebbero avuto a che fare con i suoi risvegli (papà e nonni) che non avremmo più dovuto tirarlo su dal lettino per dargli la camomilla, che non avremmo più dovuto stimolare la sua attenzione accendendo lucine o toccandolo troppo: sarebbe bastata la nostra voce ed eventualmente una carezza… c’è voluto un po’, ma tra il Nopron di gennaio e le 9 ore filate di agosto… non c’è bisogno di commenti.
Potrei anche pensare che ormai, arrivati ai 30 mesi di vita, fosse il momento in cui con una maggiore stanchezza e consapevolezza, il principe si sarebbe comunque finalmente goduto una notte intera di sonno (e noi con lui!), metodo o non metodo.
Però… Che bene ha fatto, a me, in quel momento, sapere che un simile problema si poteva gestire?
Ora mi trovo a sentire di amiche, sorelle di amiche, eccetera che hanno questo stesso problema, e sento un bisogno viscerale di salvarle.
Ecco quindi un po’ di link:
Sul web ho trovato anche questo sito, che si propone come aiuto per i genitori sfiniti, e che si ispira al metodo della Hogg: Le fate della nanna.
Buona notte!
P.S.: spero che dal mio tono allegro e sereno risulti piuttosto chiaro che ora quando il principe tocca il cuscino cade addormentato profondamente e così rimane fino al mattino. Mamma e papà, ora più vecchietti e meno tolleranti, ringraziano davvero commossi.
P.P.S.: non abbiamo mai voluto arrenderci al metodo Estivill (o Ferber, altro metodo “cruento” tanto di moda negli U.S.A.): abbiamo scelto di avere un figlio e di esserci sempre, per lui. Insegnare il sonno non è tradire tuo figlio in uno dei momenti di maggiore sconforto che possano provare i bimbi di quell’età. Questa è la nostra opinione.